Ville e Palazzi

Palazzo Cecchini, Palazzo Mainardi e Palazzo Marzin

Il complesso conventuale dei Domenicani, edificato a partire dai primi decenni del Settecento, utilizzando anche alcune preesistenze, pervenne nel XIX secolo in mani private, acquistato a lotti da famiglie che ne hanno perpetuato il nome: Palazzo Cecchini, Palazzo Mainardi, Palazzo Marzin.Le maggiori trasformazioni riguardarono Palazzo Cecchini, rifatto nella facciata in forme di gusto medievaleggiante, mentre le rimanenti parti conservarono il porticato che corre lungo tutta la fronte; gli interni e gli spazi retrostanti subirono modifiche solo parziali.Di notevole interesse sono gli affreschi ottocenteschi che ornano gli interni delle diverse sezioni, con episodi che spaziano da scene allegoriche e patriottiche, a grottesche e paesaggi dal sapore pompeiano o neogotico.

Palazzo Freschi-Piccolomini

Dentro la cerchia murata, a fianco dell’antico castello (e utilizzandone alcuni edifici di pertinenza), tra il 1669 e il 1704 i nobili Attimis fecero costruire un elegante palazzo; era il momento in cui rafforzavano la presenza in Cordovado, essendosi imparentati con i Ridolfi, già capitani del luogo per conto dei vescovi.Il palazzo è a tre piani, la facciata è caratterizzata da un ampio portone d’ingresso, sovrastato da una trifora che illumina il salone principale.Si accede al portone attraverso una scalinata che corrisponde a un ponte levatoio dello scomparso fossato del castello.Per successione ereditaria l’edificio passò ai Freschi e poi ai Piccolomini, attuali proprietari. Assieme alle adiacenze, il palazzo è immerso nel verde di un parco che si apre sulla campagna.

Palazzo Bozza-Marrubini

Dirimpetto al castello, nel medioevo sorse una fila di edifici, adibiti ad abitazioni del personale e a sedi di servizio (capitano e gastaldo).Dal loro sviluppo tardomedievale e moderno, furono enucleate due residenze signorili, conosciute con il nome di Palazzo Bozza-Marrubini, a ridosso della Porta dell’Orologio, e Palazzo Agricola (più a Sud).L’aspetto delle due case è rinascimentale, con ampie arcate che contraddistinguono l’accesso al pian terreno e file di aperture, tra cui ampie trifore. Il retro dà su parchi e giardini. Palazzo Bozza-Marrubini è internamente affrescato con cicli di Gio. Francesco Zamolo (1704-1712), importanti non tanto per le scene mitologiche, quanto per le raffigurazioni dello scenario urbanistico di castello e altri edifici d’allora entro la cerchia murata.

ed inoltre…

Palazzo del Municipio (Cordovado)
Risulta già edificato nel 1606 come “hospitio per persone nobili con letti, et in somma con tutte le comodità” (Pia Casa) al servizio dei pellegrini dell’adiacente Santuario. Nel 1740 un documento della Pia Casa regolamentava l’ospitalità per il custode, un medico condotto, una scuola (due maestri: uno elementare e l’altro di latino), ma anche per il luogotenente d’Udine che trascorreva due mesi all’anno di villeggiatura e per il vescovo Gabrieli che “la magior parte del anno dimorava a Cordovado”. Per quasi tutto l’Ottocento risultava ancora di proprietà del “Luogo Pio Elemosiniere”, poi, il 27 giugno 1884, fu ceduto al Comune come sede municipale e scuola. Vi si conserva un interessante affresco di Madonna allattante di Giuseppe Moretto.

Villa Zannier-Variola, ora Villa Curtis Vadi (Cordovado, via del Pino)
Edificio dominicale ottocentesco, completamente immerso nel verde di un curato giardino che la circonda, con una fontana nella parte anteriore. Si sviluppa su tre piani, con pianta rettangolare allungata per la presenza di due adiacenze laterali, di cui quella di destra è conclusa con una terrazza superiore. La facciata principale, a schema simmetrico, è composta su sette assi verticali sui quali si aprono porte e finestre architravate, decorate da cornici modanate. Il piano terreno, leggermente rialzato, è trattato con finitura a bugnato, delimitata da una fascia marcapiano; vi si accede attraverso un semplice portale su pochi gradini, sormontato al primo piano da un piccolo balcone con parapetto in ferro. Durante la Grande Guerra ospitò il 3^ reparto dell’ospedale da campo 045 della III^ armata con 220 posti letto.
E’ora sede del ristorante “Villa Curtis Vadi”.

Palazzo Marzin (Cordovado)
La costruzione del palazzo è ascrivibile alla fine del XVIII secolo, fa parte di un complesso edilizio costituito da edifici rustici attualmente a uso commerciale e uffici. Il prospetto principale è medievaleggiante, mentre le rimanenti parti conservano il porticato che corre lungo tutta la fronte; interni e spazi retrostanti subirono modifiche solo parziali. Di interesse sono gli affreschi ottocenteschi che ornano le diverse sezioni interne, con episodi che spaziano da scene allegoriche e patriottiche, a grottesche e paesaggi dal sapore pompeiano o neogotico. Si sviluppa su due piani, con un sottotetto ad aperture rettangolari; al centro un porta-finestra con poggiolo.

Palazzo Cappellari (Cordovado)
Costruito in linea con altri edifici lungo corso Btg. Gemona, si evidenzia per la maggior altezza della linea di gronda e per il prospetto tipico delle residenze signorili, caratterizzato dal balcone sopra il portone d’ingresso, dai cornicioni marcapiano, dalle finestre disposte simmetricamente e decorate al piano nobile con cimasa sporgente. Il corpo principale contiene gli ambienti destinati alla residenza, mentre ai lati trovano spazio gli annessi rustici a servizio del palazzo. L’edificio risale al XVIII secolo, ma dopo il 1858 furono attuati dei lavori di ampliamento e ristrutturazione. E’ stato da poco restaurato ed è utilizzato a uso residenziale.

Palazzo Beccaris – Nonis (Cordovado)
Al centro del borgo che dal tardo medioevo si espanse a settentrione del castello, lungo la strada principale, si nota la mole imponente cinquecentesca del palazzo designato dal nome delle due famiglie che lo vollero, i Beccaris, e che poi lo abitarono, i Nonis (prima Naninis o Noninis). Solidi nuclei della borghesia locale, impegnata nel notariato, nel sacerdozio, nell’amministrazione, nella proprietà ancora nel XVI secolo, i Beccaris e Nonis contribuirono molto alla storia civile e culturale di Cordovado. Era un Beccaris (Francesco) il pievano che difese la popolana Scantino al tempo dell’apparizione della Madonna e alla edificazione della chiesa della B.V.. Era una Beccaris anche la moglie di Antonio Carneo, pittore del santuario. Lo stemma dei Beccaris è presente sul portale maggiore dell’antica chiesa di Sant’Andrea ed è formato da due stelle con testa di bue (il cognome rimanda ad attività legate all’arte della macellazione). Nella chiesa stessa la più antica lastra tombale, datata 1473, è fregiata dallo stemma della nobile famiglia dei Beccaris, che risulta essersi imparentata anche con gli Attimis. L’edificio, di fattura tardo-rinascimentale, è compatto e massiccio ma non privo di linearità e armonia, si alza su un porticato a tre aperture. In un mezzanino della scala che porta all’ultimo piano del palazzo (forse l’originale livello del tetto modificato in epoca seicentesca) è presente un affresco di Madonna con bambino di buona fattura, recentemente restaurato.

Palazzo dell’Asilo F. Cecchini (Cordovado)
Eretto nei primi anni del ‘900, per volere e dotazione testamentaria del benefattore cordovadese ing. Francesco Cecchini (“dovrà accogliere giovani maschi e femmine di Cordovado, coll’obbligo di provvedere alla loro educazione ed istruzione ed inoltre di somministrare loro un pasto al giorno e di fornire anche, ai più bisognosi, un vestito per ogni stagione”). E’ oggi la sede della scuola dell’infanzia.

Villa Variola (Cordovado, via Roma)
Adiacente al palazzo dell’asilo, in una bella area verde, sorge la villa dove abitò dal 1945 e fino alla morte (29.5.1979) il pittore Angelo Variola (nato a Bagnarola 11.7.1906), artista raffinato che fu attento ricercatore di linguaggi artistici nazionali e internazionali degli anni cinquanta e sessanta del ‘900.

Il parco Freschi-Piccolomini o del Castello (Cordovado)
Gli spazi verdi che si vedono nell’area del Castello sono opera del XIX secolo; i primi interventi furono di Carlo Sigismondo Freschi, che verso il 1820 fece abbattere alcuni tratti di mura, per estendere verso la campagna il parco, modellato secondo influenze romantiche, soprattutto inglesi, anche mediante l’erezione di sette collicelli, mentre le acque dei fossati vennero convogliate in ruscelli. Nella seconda metà del secolo il parco si allargò al luogo ove sorgeva il castello vescovile e in seguito fu creato un maggiore raccordo con gli spazi coltivati attigui, verso est.

Palazzo Agricola (Cordovado)
Della parte terminale del caseggiato ad archi quattrocentesco della Casa del capitano è ancora visibile, completamente e recentemente ristrutturato, il palazzo dall’aspetto rinascimentale detto L’Agricola dal nome della famiglia udinese che lo possedette tra Sette e Ottocento. Durante la Grande Guerra ha ospitato il 2^ reparto dell’ospedale da campo 045 della III^ Armata con una dotazione di 200 letti.

Casa Provedoni (Cordovado)
Casa Provedoni è in piazza Duomo ed è l’edificio d’angolo con via Teglio. Ricordata da Ippolito Nievo ne “Le Confessioni di un italiano”: “…La famiglia dei Provedoni contava molto in paese per antichità e riputazione…”, in quella casa “che era l’ultima del paese verso Teglio”. (cap.IV) In quella stessa casa, oltre alla contessina Clara di Fratta, finirà il suoi giorni anche il protagonista del romanzo Carlino, dopo tanto peregrinare (sposata Aquilina), preferendola alla dimora di Venezia “….ci trapiantammo in Friuli, nel paesello di Cordovado, in quella vecchia casa Provedoni, piena per noi di tante memorie…”(cap.XXII). Questa proprietà Carlino l’aveva acquistata qualche tempo prima: “Tra le ottantamila piastre e i trentamila ducati….comperai un grande e bel podere intorno alla casa Provedoni di Cordovado”. Accanto al campanile dell’antica parrocchiale di S.Andrea è ora stata installata una statua in ferro con l’immagine del personaggio nieviano dello Spaccafumo a cavallo, personaggio molto caratterizzato, una fusione tra Robin Hood e don Chisciotte:
“…Lo Spaccafumo era un fornaio di Cordovado, pittoresca terricciuola tra Teglio e Venchieredo, il quale, messosi in guerra aperta colle autorità circonvicine, dal prodigioso correre che faceva quando lo inseguivano, avea conquistato la gloria d’un tal soprannome…alle volte, dopo settimane e settimane che non s’era udito parlare di lui, egli compariva tranquillo tranquillissimo alla messa parrocchiale di Cordovado….” (cap.IV)

Villa Segalotti (Cordovado)
L’edificio residenziale, costruito nel XVIII secolo (1795-1796), presenta un corpo centrale, che si sviluppa su due piani più sottotetto, al quale si raccordano le ali leggermente più basse. La facciata anteriore, rivolta sulla pubblica via, è ritmata da numerose aperture rettangolari disposte in modo simmetrico rispetto all’ingresso principale, costituito da un portale arcuato, preceduto da scala a doppia rampa. Il fronte posteriore, rivolto verso il giardino, è caratterizzato da un portone arcuato, sormontato da una porta finestra con piccolo poggiolo e semplici aperture rettangolari. Le adiacenze rustiche, più antiche della casa dominicale (anteriori al 1737), constano di tre corpi che ospitano la residenza colonica, le stalle, il granaio e il follador. Alcuni interventi hanno modificato gli interni originari, ma è ancora leggibile la disposizione degli spazi con salone passante centrale e vani disposti lateralmente. Nella prima metà dell’Ottocento la villa divenne la “casa di villeggiatura” dell’illustre filosofo e letterato Girolamo Venanzio (1791-1871). Nel 1855 è stata venduta al sacerdote Giacomo Lovisoni e nel 1878 è stata acquistata dalla famiglia Segalotti, poi passata per successione alla famiglia Iseppi. La famiglia dei Segalotti è stata proprietaria del mulino industriale sorto sul sito dell’antico molinetto di Cordovado. Nell’ incrocio stradale di fronte (tra via Roma e via al Tiglio) in un mappale del 1730 era rappresentato un capitello.

Palazzo Aliprandi-Lena (frazione Suzzolins – Cordovado)
A tener fede all’incisione ritrovata in occasione di un recente intervento di manutenzione, potrebbe risalire alla metà del XVI secolo (Domenico Milanensis fecit- 22 marzo 1543). E’ stato dapprima palazzo Marzin, poi Fedeli, Aliprandi e, infine, Lena che sono gli attuali proprietari. Fa parte di un complesso di edifici adibiti ad abitazione e magazzini, nei quali risulta difficile leggere i caratteri architettonici e tipologici originari, perché l’insieme è stato profondamente trasformato a causa della divisione in singole proprietà. La residenza dominicale, ormai slegata dal resto del complesso, si sviluppa su tre piani, ritmati dalla disposizione regolare e simmetrica delle finestre rettangolari, arricchite al primo piano da balconcini leggermente aggettanti. Sulla parte sinistra della facciata è evidente un ampliamento successivo. Durante il primo conflitto mondiale ha ospitato il 1^ reparto e la direzione dell’ospedale da campo 045 della III^ Armata con una dotazione di ben 540 letti.

Palazzo Soppelsa (Località Belvedere-Puoi Cordovado)
Partendo da piazza al Tiglio e, proseguendo verso sud est lungo l’antica strada che nel medioevo partiva dal castello per portare verso la palude, si possono raggiungere le località di Belvedere, Puoi e Villunghi che sboccano nella superstrada Portogruaro-Udine (vecchia ‘strada ferrata’, perché realizzata sul tracciato di una progettata ferrovia). I percorsi campestri che si trovano in questa zona sono suggestivi e richiamano alla mente la civiltà contadina di un tempo, con campi coltivati, macchie e strade alberate. Palazzo Soppelsa è una costruzione padronale ottocentesca che conserva alcune pertinenze un tempo destinate alla servitù, ai coltivatori, agli attrezzi, alle macchine e ai prodotti immagazzinati dell’insediamento rurale.